Non furono mai molto amati né molto odiati; non sono state tramandate notizie di loro notevoli persecuzioni; tuttavia, una parete di sospetto, di indefinita ostilità, di irrisione, deve averli tenuti sostanzialmente separati dal resto della popolazione fino a parecchi decenni dopo l’emancipazione del 1848 ed il conseguente inurbamento, se è vero quanto mio padre mi raccontava della sua infanzia a Bene Vagienna: e cioè che i suoi coetanei, all’uscita dalla scuola, usavano schernirlo (benevolmente) salutandolo col lembo della giacchetta stretto nel pugno a mo’ di orecchio d’asino, e cantando: «Ôrije ’d crin, ôrije d’asô, a ji ebreô ai piasô»: «orecchie di porco, orecchie d’asino, piacciono agli ebrei».