Finestre aperte, spalancate o appena socchiuse, su mondi diversi e alieni, talvolta rasserenanti talaltra, più spesso, inquietanti, sono questi 14 racconti brevi. Franco Bignotto risolve a suo modo, ed è sicuramente un modo intelligente e accattivante, il problema che come si sa, ha afflitto almeno nell’ultimo secolo narratori famosi e ignoti: egli procede nel suo racconto su due piani paralleli, raramente intersecatisi ma sempre in contrapposizione o almeno in giustapposizione dialettica, e se l’incipit è solitamente, come è giusto ed opportuno, di impianto assolutamente veristico, il piano fantastico si amplia e si definisce man mano che la narrazione procede, fino ad occupare alla fine tutto lo spazio espositivo, contaminando, travolgendo e addirittura rovesciando la logica e la cronologia del racconto.
Soccorre certamente a Franco Bignotto, in queste sue ardite ed aeree fabbriche fantastiche, anche la lunga e provata dimestichezza con la musica, nel comporre e fraseggiare secondo ritmi segreti che pur seguono una loro precisa architettura, ma l’esito potrebbe essere in tal caso arido e meccanicistico se egli non usasse accortamente anche una copiosa tavolozza coloristica, che rimpingua le trame, sfuma i contorni e definisce i toni di un panorama urbano e umano in cui si svolge l’azione.
