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Giuseppe Andriani

Che viaggio la Juve

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Da Rimini a Berlino in linea d'aria ci sono 943 chilometri. Il viaggio più bello della Juventus però è stato più lungo, più faticoso di quanto quei chilometri vogliano farci credere. Sono serviti 9 anni, quasi. Ero un bambino nel 2006, più o meno. Ero un liceale. E quando un ex compagno di classe mi ricorda che tra quei banchi si parlava della Juventus in B mentre oggi su whatsapp commentiamo una semifinale contro il Real Madrid ho i brividi. E se non ero un bambino nel 2006, a Rimini, lo ero nel 2003, a Manchester. E lo ero ancor di più nel '97. E qualcuno di voi sarà stato bambino ad Atene nel 1983. O qualcun altro quando la Juventus in Europa non vinceva mai. Che ci son voluti anni per arrivare alla prima Coppa Uefa, e ancor di più alla prima Champions. A Bruxelles, all'Heysel. Quando anche chi era bambino ha visto la nuda e cruda violenza di un mondo che non sempre dimostra di meritare un gioco così bello come il calcio. Scegliete voi dove inizia il vostro viaggio, godetevelo. Questa non è solo una storia d'amore, questo è il viaggio di un bambino, tifoso della Juventus. Dovunque sia partito. Io credo di esser partito da Rimini. O forse ero partito da Manchester, e non me n'ero nemmeno accorto. Dovunque siate partiti siamo arrivati tutti insieme a Berlino. E diciamoci la verità, non ci credevamo nemmeno noi.

A Manchester ero un bambino. Ma non guardai il rigore di Sheva che batteva Buffon. A quell'età si pensa che se vuoi vincere, vinci. E non si accetta la sconfitta in una finale di Champions League contro la squadra rivale. Non ricordo tantissimo, e a distanza di anni non ho avuto il coraggio e il fegato di rivederla. Ricordo il palo di Conte, un gol annullato al Milan con grande paura. Un divano e tante emozioni. Ricordo che mi fu spiegato che se Nedved avesse giocato avremmo vinto noi, sicuro. Eppure questa teoria non l'ho mai capita. Ma ci piace crederlo, serve forse a zuccherare un po' il dolore di quella notte. Le telecamere andarono su Sheva che esultava con Dida. Poi Buffon che si inginocchia vicino al palo e piange con le mani sul volto. Non credo che questo viaggio sia iniziato lì, ma quella notte ho capito che “non è solo un gioco”. E questo è il viaggio di un bambino che piangeva con Buffon quel 28 Maggio, e che ha pregato con Buffon per la finale di Berlino. Ma Gigi nella capitale tedesca c'era già stato. Era l'Estate del 2006. Il mondiale, la vittoria, la coppa del mondo. Un paese in festa. E un'immagine in testa, nella mia: Guido Rossi alla premiazione che esulta felice. L'estate più calda, quella più brutta.
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48 printed pages
Publication year
2015
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