Vincenzo Albagi è una persona inetta, che vive la vita passivamente, sempre
dedito all'immaginazione e rancoroso nei confronti di una realtà in cui non
riesce a vivere. Il malocchio nasce dal rancore accumulatosi dentro di lui.
Vincenzo è incapace di adattarsi e rispondere alla realtà, come invece fanno
gli altri, quelli che sono in confidenza con essa e lottano per occupare un
posto di rilievo. Svevo inserisce nella narrazione temi darwiniani, come quello
della lotta per la vita e dell'adattamento in natura, intrecciati con la riflessione
di Schopenhauer su come gli esseri umani tendano a vedere gli altri come
semplici rappresentazioni di loro stessi e sé stessi come intera volontà e
rappresentazione.
Oltre che dal rancore, il malocchio nasce anche dall'invidia e dalla gelosia
che Vincenzo prova nei confronti degli altri, dei loro successi e delle loro
realizzazioni (le cose alte e le cose eccelse nel racconto, cioè i sogni
realizzati e i traguardi raggiunti). Dato che lui non riesce a trovare
appagamento, lo cerca indirettamente e inconsapevolmente, provocando e
assistendo al dolore altrui. Questo racconto può essere inserito in un gruppo
di testi narrativi di matrice fantastica dei primi del Novecento che sono stati
influenzati dalle prime acquisizioni della psicoanalisi.